Ringrazio Maria Masau Dan per avere accettato, candidandosi alle Elezioni Regionali a fianco di Massimo Moretuzzo, di dare la sua testimonianza concreta del concetto del civismo: quando la collettività ha bisogno del nostro impegno noi rispondiamo. La nostra storia di civici è sempre stata quella dell'impegno in quanto persone e non partito. Oggi viviamo un periodo di profonda crisi sociale, di abbandono della partecipazione alla gestione della cosa publica, di esasperazione del concetto negativo dell'attività politica. Maria con la sua scelta testimonia la volontà di reagire a questa situazione di abbandono e di povertà di impegno sociale.
Sosteniamo la sua candidatura!
Claudio Verdimonti
Il settore della pubblica amministrazione nel quale ritengo di poter dare un contributo è quello della cultura.
La mia idea di cultura è molto vicina al concetto di democrazia e vorrei utilizzare questo momento di dibattito elettorale per proporre qualche riflessione sul rapporto tra società attuale e cultura.
Qualcuno prova a dirlo quando ci si trova ad analizzare l’ennesimo episodio di violenza, che si tratti di femminicidio, di bullismo, di razzismo o di antisemitismo. “E’ una questione culturale” si sente ripetere, ma ormai suona come una frase fatta, perché, in realtà, nessuno sa esattamente cosa vuol dire, e comunque non si va oltre questa constatazione generica.
La verità è che, in tempi – apparentemente - di enorme diffusione delle informazioni e dei saperi, sta emergendo un grande e pericoloso vuoto culturale che non vuol dire semplice mancanza di istruzione, vuol dire svalutazione dell’istruzione, incapacità di fare ragionamenti, superficialità, mancanza di consapevolezza e di rispetto delle esigenze, dei diritti e delle competenze degli altri, vuol dire vivere entro orizzonti ristretti e concentrarsi solo sui propri bisogni.
Purtroppo, queste mancanze le rileviamo anche in molti di coloro che ci governano e non potrebbero permettersi di essere superficiali e incompetenti quando prendono le decisioni sul nostro futuro.
Anche per questo il tema della cultura resta sempre fuori dalla discussione politica, fa paura, oppure si restringe molto fino a coincidere con qualcosa di molto più semplice, i cosiddetti “eventi culturali”. Insomma, per la maggior parte di quelli che toccano questo argomento “fare cultura”, quando si governa, vuol dire organizzare mostre, presentare libri, fare concerti. Le solite proposte dunque, cambiano gli argomenti ma restano uguali le formule e gli obiettivi.
Niente in contrario, naturalmente, a una buona offerta di manifestazioni culturali, da parte di un’amministrazione pubblica. È bello andare a una mostra o a sentire un concerto. Ma non possono essere queste le attività che impegnano tutte le risorse finanziarie a disposizione, perché di queste ne beneficia solo una ristretta élite, ed è ingiusto. Oltre che pericoloso, come dimostrano le crisi sociali in atto.
L’azione di promozione culturale deve essere in primo luogo rivolta a chi ha più bisogno di cultura, dunque alla grande maggioranza, non a chi è già ben fornito di istruzione e ha già i mezzi per aumentarla. Per questo occorre investire di più sulla scuola, che risente di troppi anni di disattenzione da parte dello Stato, occorre preoccuparsi della formazione permanente degli adulti, potenziare le istituzioni culturali (musei, biblioteche, archivi) e i loro servizi, che sono patrimonio di tutti, occorre sviluppare l’utilizzo delle nuove tecnologie e della rete per diffondere il più ampiamente possibile, e gratuitamente, i contenuti culturali.
Invece, cosa sta succedendo?
Le istituzioni culturali sono sempre più deboli e vuote e non riescono più ad assicurare i servizi per cui esistono da secoli perché non c’è ricambio di personale, non si fanno concorsi, non c’è sostituzione dei pensionati. Mancano quasi ovunque i direttori e i tecnici esperti. I musei piccoli aprono ormai con orari ridottissimi. Nelle biblioteche è diventata una scommessa riuscire a consultare più di tre libri. In molti archivi occorre prendere appuntamento settimane prima. Il patrimonio culturale pubblico non è più a disposizione di tutti.
In generale l’attività delle istituzioni culturali è scesa quasi al livello di sopravvivenza. Per cui anche le manifestazioni culturali che un tempo venivano prodotte direttamente dai musei non è più pensabile organizzarle.
In conseguenza di tutto questo, è giocoforza produrre gli eventi culturali all'esterno, affidandosi a privati, ad imprese che hanno come scopo principale non certo il miglioramento del livello culturale medio della società, ma ovviamente il profitto, e, per questo, producono solo ciò che si può vendere a un prezzo abbastanza alto. Così funziona l'organizzazione delle mostre sia a Trieste che a Udine, ma anche in altre realtà della regione. Certo, i visitatori arrivano numerosi, ma sono solo quelli che possono pagare anche 80 euro a famiglia per visitare una mostra.
E così, anche se nessuno se ne accorge, la voragine che separa la società dal mondo della cultura, inteso come fruitore di prodotti di “lusso culturale”, si allarga sempre più. Chi è istruito e ricco potrà scegliere tra offerte culturali sempre più accattivanti, chi non lo è, non avrà nessun aiuto per migliorare la sua condizione.
Da questa situazione di progressivo impoverimento occorre uscire al più presto.
Storica dell’arte, nata a Gorizia nel 1951 e residente da sempre a Gradisca d’Isonzo, è attiva nel campo dei musei del Friuli Venezia Giulia dal 1976. Poco dopo la laurea in lettere moderne e la specializzazione in storia dell’arte, conseguite a Padova, ha iniziato a collaborare con la Galleria regionale d’arte contemporanea “Luigi Spazzapan” di Gradisca d’Isonzo e ne è stata direttrice dal 1981 al 1983. Nel 1984 ha vinto il concorso per la direzione dei Musei provinciali di Gorizia e ne è rimasta alla guida fino al 1992. In questo periodo ha seguito la ristrutturazione del Museo della Grande Guerra in Borgo Castello e ha organizzato numerose mostre.
Nel 1992 ha vinto il concorso bandito dal Comune di Trieste per la direzione del Museo Revoltella, la galleria d’arte moderna della città, e ne ha curato il riallestimento e la riapertura al alla fine di una lunga ristrutturazione. Ha svolto questo ruolo per quasi venticinque anni, fino al pensionamento, avvenuto alla fine del 2015. Sotto la sua direzione è stata ripristinata la dimora storica di Palazzo Revoltella e sono state realizzate oltre un centinaio di mostre su una vasta tematica, locale e internazionale.
Dal 2012 al 2015 ha ricoperto anche la direzione dei Civici Musei di Storia ed Arte (Castello di San Giusto, Museo archeologico, Risiera di San Sabba, Museo Sartorio, Museo Morpurgo, Museo d’arte orientale, Museo del Risorgimento, Foiba di Basovizza). In questa veste ha realizzato due nuovi musei civici: il Museo della Guerra per la Pace “Diego de Henriquez” (2014) e il Museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata (2015).
Altre attività, non museali.
Nel 1994, su incarico della Regione, è stata conservatore della Villa Manin di Passariano e direttore del Centro regionale di Catalogazione. Si è sempre occupata anche di storia locale, con particolare riferimento alla sua città, Gradisca, a cui ha dedicato delle pubblicazioni. Ha seguito costantemente i problemi legati alla tutela dei beni culturali: negli anni Ottanta è stata presidente della sezione di Gorizia di Italia Nostra e presidente regionale. In quel periodo è iniziata anche la sua collaborazione con l’Università della terza età di Gorizia, in cui tiene da oltre trent’anni il corso di storia dell’arte. Più tardi ha iniziato a collaborare con l’Università della terza età di Monfalcone e recentemente con quella di Cormons.
Il suo impegno nella didattica della storia dell’arte è motivato non solo dal personale interesse verso questa disciplina, ma anche dalla preoccupazione di vedere ridotte sempre più le ore di insegnamento della materia negli istituti d’istruzione superiore e delle conseguenze di questa progressiva disattenzione per la cultura storico artistica.