E' fuori discussione che l'ex Macello di Gradisca è più bello (o, meglio, più decoroso) dipinto di giallo che deturpato da indecenti graffiti. Chi potrebbe negarlo? Anzi è stato un autentico, inaspettato, miracolo da fine mandato. Questo strano edificio-porta, versione rurale della Porta Nuova, da cui partono e arrivano i runners che amano il paesaggio fluviale, faceva parte da decenni della "mappa dei ruderi" della città, anzi ne era uno dei simboli, ed è stato per generazioni oggetto di studi, di tesi di laurea e di progetti, e spesso anche di proteste, sempre più flebili e rassegnate, da parte di chi si vergognava di passare attraverso quel luogo indecente.
Adesso può diventare a buon diritto simbolo degli interventi "di facciata", meramente elettorali. Ridipinto in due e due quattro per le giornate di primavera del FAI, a loro volta diventate uno spot di propaganda dell'Amministrazione uscente, è tornato a essere un edificio dimenticato. Talmente dimenticato e irrecuperabile che è una delle poche cose "ancora da fare" non citate nel programma elettorale 2019 di Linda Tomasinsig, sindaco uscente. Eppure nel 2014 prometteva la "realizzazione del progetto presentato nell'ambito del programma "Pisus" per il recupero dell'ex macello...". A meno che il progetto presentato nell'ambito del programma "Pisus" non prevedesse solo la tinteggiatura. In questo caso, comunque, metterci cinque anni per realizzarlo sono comunque troppi.